Il light drifting (drifting leggero) a Ostia e Fiumicino:
Il light drifting è una tecnica che prevede l’avvicinamento di pesce azzurro tramite pastura macinata o a pezzi (generalmente sardine fresche o decongelate).
L’azione di pesca si esegue innescando esca naturale e con lenze piuttosto leggere calate sulla scia di pastura, a galla o affondate, con dei piombini e, all’occorrenza, affondate con l’ausilio di galleggianti scorrevoli.
L’ANCORAGGIO:
il light drifting si pratica prevalentemente all’ancora. Le batimetriche più redditizie si aggirano tra i 20 e i 40 mt., con particolare attenzione per quella dei 30 mt. La zona di pesca è ampia diverse miglia; prendendo dei riferimenti a terra, la zona si estende tra il canale dei pescatori e le piattaforme petrolifere, comunemente chiamate “Bettoline”. La presenza di gabbiani che cercano mangianza o posati sull’acqua possono indicarci un punto adatto all’ancoraggio. Anche l’ecoscandaglio può aiutarci a trovare un buon punto, segnalandoci presenza di pesce a mezz’acqua.
LA PASTURAZIONE:
è una caratteristica determinante per il light drifting. Subito dopo l’ancoraggio è indispensabile iniziare la pasturazione tramite sarde macinate e/o a pezzi.
L’avvicinamento del pesce solitamente non è immediato. A volte si deve attendere anche 1 ora, ma, se siamo nella giusta stagione (da maggio a settembre, in particolare maggio, giugno e luglio), l’arrivo di branchi di pesce è quasi garantito e, se pasturiamo con le giuste accortezze, rimarrà sotto la barca fino al termine della pescata.
Dopo anni di pratica di questa pesca sono giunto alla conclusione che 3 kg. di pastura macinata per ora sono più che sufficienti per richiamare e mantenere vivo l’interesse dei branchi sottobordo.
LE CANNE:
Esistono delle canne specifiche per il light drifting ma, generalmente, si possono usare anche delle canne da bolentino leggero, della lunghezza di circa 3-4 metri; nello specifico possiamo classificare le canne in due categorie: quelle per la pesca con lenza libera e quelle pe la pesca con galleggiante scorrevole.
Le canne per la lenza libera sono delle canne in carbonio, lunghe dai 3 ai 4 mt., leggere e al contesto con una buona riserva di potenza e con un vettino molto sensibile per percepire ogni piccola toccata.
Bolognesi da barca:
le canne per la pesca col galleggiante a light drifting sono delle bolognesi appositamente costruite per la pesca in mare, più potenti rispetto le sorelle minori delle acque dolci, pur di concezione simile. Sono lunghe 4-5 metri anche se molti pescatori le amano utilizzare più lunghe, addirittura 6 o 7 metri. La scelta di una canna così lunga ricade per permettere di fare un terminale lungo e rendere ancor più naturale la presentazione dell’esca.
I MULINELLI:
i mulinelli per il light drifting non devono avere requisiti particolari. Sono validi mulinelli della misura 5000/6000 con un rapporto di recupero fino a 5:1. Tuttavia nessuno vieta di pescare con altre tipologie di mulinelli. I mulinelli per le canne da lenza libera andranno imbobinati co un nylon dello 0,25 mentre per quelli per la pesca col galleggiante scorrevole va fatto un backing in nylon e aggiunti 100 mt. di multifibra da 10 libbre. Al multifibra collegheremo dai 10 ai 15 mt. di nylon dello 0,25 che sarà quello che andrà a costituire la lenza pescante.
IL TERMINALE:
La costruzione del terminale da light drifting per la lenza libera è molto semplice: si inserisce nella lenza madre dello 0,25 una perlina di gomma che avrà la funzione di stop anti shock di battuta per l’apicale. Dopodiché di inseriscono due tappi per piombi a caterinetta intercambiabili, a seguire una perlina salvanodo e una piccola girella legata con un dodo palomar. Il terminale sarà costituito da uno spezzone di fluorocarbon dello 0,25, 50 centimetri più corto della canna, armato con un amo leggero, circle o a J, della misura dell’1-2. Questa canna sarà destinata alla pesca dei lanzardi.
Il galleggiante scorrevole:
la costruzione della lenza per galleggiante scorrevole a light drifting è più complicata: il multifibra imbobinato sul mulinello va giuntato con uno spezzone in nylon, di lunghezza di circa 15 metri. Sul nylon andrà inserita una piccola perlina che avrà la funzione di stoppare il galleggiante scorrevole sul nodo di giunzione tra multifibra e nylon. Dopodiché si infila il galleggiante scorrevole di 15-20 grammi, a seguire un piombo da 10-15 grammi, una perlina salvanodo, la girella e un terminale lungo circa 3 metri di fluorocarbon della 0,28, con gli ultimi 10 centimetri rinforzati con del nylon dello 0,50 armato con un amo del 5/0 o con 2 ami del 2/0. Questa canna sarà destinata alla pesca delle palamite.
E’ importante sottolineare che un tipo di montatura non esclude l’altra, ovvero, si possono pescare palamite con la canna destinata ai lanzardi e viceversa. Quindi, questa regola vuole dettare solo una base di partenza, poi starà all’esperienza del pescatore adattare la propria attrezzatura e improvvisare alle condizioni del momento.
L’AZIONE DI PESCA:
Nel light drifting non esiste una vera e propria pesca scientifica mirata esclusivamente alla cattura di un tipo di preda ma, con ottima probabilità, adottando gli accorgimenti giusti, possiamo selezionare per bene e orientarci più su un pesce piuttosto che un altro.
I LANZARDI (O SGOMBRI CAVALLO):
nel light drifting regna il lanzardo; la nostra tecnica va quindi adattata di conseguenza. L’avvicinamento del branco di lanzardi viene segnalato dalla prima cattura, che, non solo non è casuale e isolata, ma accompagnata dalla contestuale visualizzazione di marcature sull’ecoscandaglio che, nella maggior parte dei casi, si avverte su una profondità intorno ai 7-8 metri. Il cono d’acqua compresa tra la superfice e i 7-8 metri è la zona interessata per la pesca dei lanzardi. La pesca dei lanzardi si pratica a lenza libera, con o senza piombo a caterinetta. Questi piombi hanno la peculiarità di essere intercambiabili, proprio per facilitare una diversificazione di affondamento in base alla fascia d’acqua nella quale si vuole pescare. L’innesco top è rappresentato dal filetto di alice. Ottima anche la sardina. Altre esche sono meno performanti.
La calata in corrente:
in light drifting la lenza va calata delicatamente in corrente e, se il branco di lanzardi è stato attirato dalla pastura, passeranno pochi secondi per avvertire la mangiata. Il modo migliore per tenere la canna è quello di afferrarla per il front grip e posizionare il calcio della stessa sotto l’ascella. In questo modo ne aumenteremo la sensibilità. La lenza va calata in corrente mantenendo una leggerissima tensione tra esca e vettino; appena si avverte la toccata questa va ammorbidita accompagnando leggermente scaricando la tensione del filo con la canna (in questo modo si facilita la mangiata del pesce senza insospettirlo) e subito dopo si imprime una decisa ferrata. Il lanzardo è un pesce molto combattivo; con i suoi 4-500 grammi di peso medio può mettere a dura prova anche un buon 0,25.
Si consiglia di usare terminali in nylon o fluorocarbon tra lo 0,20 e lo 0,25.
LE PALAMITE:
a light drifting non sono rare le giornate in cui le palamite mettono in fuga i lanzardi assumendo il comando dello spot, soprattutto nelle ore pomeridiane, quando la brezza termica rinforza dal mare.useremo la canna con galleggiante scorrevole per la pesca delle palamite. Solitamente, la presenza di palamite, si nota con delle marcature più evidenti di pesce che staziona sui 14 metri e dalla immediata agitazione del branco di lanzardi che si traduce in una frequenza più sporadica di allamate. Massicci branchi di palamite possono mettere completamente in fuga i lanzardi per prendere il loro posto nel ricco banchetto formato dalla pastura; non è raro issare a bordo lanzardi con evidenti segni di aggressioni da parte di grosse palamite.
La canna per palamite va calata più distante delle canne per lanzardi. L’esca deve lavorare ad una profondità compresa tra i 10 e i 15 metri. Il terminale utilizzato deve essere dello 0,25-0,30.
L’innesco:
a light drifting, l’innesco può essere effettuato facendo passare, attraverso l’ausilio di un ago da innesco, il singolo amo all’interno dell’esca (lasciando la punta dello stesso scoperta), oppure, se si utilizza il terminale con doppio amo, calzando semplicemente l’esca. L’eccedente parte di “terminalino” rinforzato che fuoriesce dall’esca si utilizza facendo due mezzi colli sulla coda della stessa per assicurarne la tenuta.
L’esca più utilizzata e la sardina. Tuttavia la mia preferenza ricade su esche alternative, in quanto, se sono presenti i lanzardi, questa viene inevitabilmente massacrata. Utilizzare esche alternative come alacce, sugheri, sgombri e lanzardi stessi rappresenta una soluzione vincente per pescare mirati la palamita. L’alaccia è un buon compromesso. Esche grandi possono essere innescate prive di testa ma questa scelta ricade generalmente per facilitare la ferrata, in quanto la palamita non si spaventa assolutamente quando si trova davanti un esca grande anche di mezzo chilogrammo.
La mangiata:
avviene in modo violento, facendo affondare di colpo il galleggiante. Un energica ferrata assicura l’amo della bocca seghettata del pesce.
La palamita è molto combattiva, forse la più combattiva paragonata a pesci della stessa taglia. Talvolta catturate eccezionali esemplari di oltre i 5 chilogrammi che impegnano il pescatore anche per qualche decina di minuti. La soddisfazione della pesca alle palamite è seconda soltanto al drifting e alla traina pesante.
NON SOLO PALAMITE E LANZARDI:
Abbiamo visto che questi pesci la fanno da padrone nel light drifting. Nonostante ciò non sono le uniche prede insidiabili. In via occasionale e in particolare in alcuni periodi dell’anno è possibile catturare molti altri predatori, più o meno piccoli, più o meno occasionali:
LECCE AMIA:
Le lecce amia sono predatori piuttosto occasionali nel light drifting. Talvolta la leccia è attratta dai branchi di lanzardi in frenesia, anche se il suo habitat preferito è la foce. La sua presenza si avverte con la totale sparizione dei lanzardi e grosse marcature sull’ecoscandaglio ed enormi bollate sulla superficie del mare. L’innesco di un lanzardo vivo, su una canna adeguatamente proporzionata, filata in corrente, può dare emozioni impagabili; questi grossi predatori, imparentati con le ricciole, sono dei potenti combattenti e spesso possono superare i 20 kg. Possiedono una impenetrabile e possente bocca, munita di migliaia di piccoli denti abrasivi capaci di distruggere terminali dello 0,70.
LECCE STELLA:
sono le cugine minori della leccia amia. Anche se molto simili sono due specie diverse. difficilmente la leccia stella supera il mezzo chilogrammo; la sua combattività e aggressività la rendono una preda molto divertente se pescata con attrezzature ultra light drifting. Quando le lecce stella si abbrancano, le catture si susseguono una dietro l’altra. La loro presenza si percepisce con delle microscopiche mangiate, trovando inspiegabilmente l’amo ripulito dall’esca. Questo perché le lecce stella hanno la bocca piccola ed è difficile allamarle con ami grossi ed esche voluminose. E’ indispensabile usare un attrezzatura più fine, terminali dello 0,20, ami del 6 e esche proporzionate alla dimensione dell’amo (pezzetti di sarde, vermi, bigattino). La stella mangia prevalentemente a galla quindi toglieremo i piombi dai terminali e fileremo le lenze sulla scia oleosa della pastura.
AGUGLIE:
chi non conosce questo piccolo belone protagonista del passato di ogni piccolo pescatore? la sua presenza si nota con piccole e continue bollate in superficie a pochi metri dalla poppa. Personalmente considero la sua cattura solo ad uso accessorio, in quanto micidiale usata come esca viva per tutti i predatori, dalla palamita al tonno. Nonostante siano voraci vanno insidiate con attrezzature molto fini. Terminali dello 0,15, ami del 10, lenza filata morbida in corrente. Sardina, alice, anellidi, larve e addirittura il grasso del prosciutto sono esche valide.
PESCI SERRA:
la presenza dei pesci serra, nel light drifting, è pressoché sporadica. Talvolta, al seguito di una mangiata, troviamo un terminale tagliato di netto: segno che sono arrivati i pesci serra. I serra sono in grado di recidere qualsiasi tipo di terminale in nylon o fluorocarbon. Indispensabile è l’utilizzo del cavetto d’acciaio sopra le 30 libbre. La tecnica di pesca è molto simile a quella della palamita.
Le esche:
qualsiasi esca va bene per il serra, dalla sardina morta al fragolino. Vincente è l’innesco di un pesce vivo.
Non è un pesce “ingoiatore” bensì “tagliatore”: l’attacco del serra prevede la mutilazione dell’esca per poi tornare in un secondo momento a mangiarne i pezzi. L’utilizzo di 2 ami ne aumenta le probabilità di ferrata.
Occhio alle slamate:
Il serra è famoso per la sua abilità nello slamarsi. Non è un formidabile combattente ma si distingue da tutti esibendosi in prodigiosi salti fuori dall’acqua. Nonostante abbia denti micidiali, la cartilagine delicata della connessura labiale abbinata ai suoi strepitosi salti lo rendono un campione nel liberarsi dagli ami. Un modo per ridurre le slamate è quello di utilizzare una canna morbida e recuperare lentamente, per non far sentire tensione al serra e ridurre i salti, causa principale delle slamate. Ne caso, invece, salti, recuperare velocemente per non lasciare la lenza in bando.
SUGARELLI:
sono prede molto comuni nel light drifting. Si utilizza la stessa attrezzatura per i lanzardi. La loro presenza è marcata dall’ecoscandaglio che segnala più o meno fitti branchi sul fondo. Si cala una canna sul fondo, con piombi da 30/40 gr. e si solleva l’esca dallo stesso di qualche metro. Possono essere usati braccioli multipli montati a paternoster. La mangiata è molto delicata e deve essere accompagnata da un energica ferrata. Spesso risalgono in superficie attratti dalla pastura. In questi casi l’azione di pesca è la stessa dei lanzardi.
LAMPUGA:
non è un caso che nomino questo pesce al singolare e per ultimo, poiché questa splendida creatura del mare merita tutta la mia stima da ogni punto di vista: tecnica, bellezza, combattività, esibizione, bontà delle sue carni, posizionano la lampuga ai vertici della mia piramide di gradimento, equiparabile persino al tonno rosso, pesce della mia vita.
Il periodo:
La stagione brillante della lampuga, nel light drifting, va da agosto a novembre, ma gli esemplari più grandi si prendono fuori stagione. La taglia media va dal mezzo chilogrammo per gli esemplari di agosto fino ad oltre 5 chilogrammi per quelli di novembre inoltrato. Generalmente l’ultima perturbazione di novembre segna la fine della permanenza delle lampughe nel nostro sottocosta.
La ricerca:
La lampuga predilige l’acqua pulita con particolare attenzione a capi d’acqua, ostacoli galleggianti, boe ma anche in mare aperto è possibile incontrarle.
Pesce sospettoso e furbo:
la loro cattura è tutt’altro che “Regalata”. Le prime ferrate possono avvenire con una certa facilità. Le ferrate seguenti avvengono con maggior difficoltà in quanto il branco “Impara” e si insospettisce facilmente della tecnica usata. Bisogna adoperarsi per rendere quanto più efficace possibile l’azione di pesca: terminali fini, ami nascosti, esche fresche e luccicanti, presentazione a “Foglia morta”, sono tutti accorgimenti da adottare quando la lampuga diventa difficile. Spesso la slamata di un pesce può determinare la fine della pescata. Una carta vincente è quella di tenere in acqua una lampuga viva precedentemente pescata. La lampuga tenuta al “Guinzaglio” attirerà le altre lampughe del branco vicino alla nostra imbarcazione, tenendo vivo il loro interesse verso le esche.
Meglio a scarroccio:
la pesca della lampuga è più dinamica del classico light drifting. Infatti si può praticare tranquillamente a scarroccio, anche con vento sostenuto. Molto curiosa è la pesca delle lampughe con la bottiglietta.
Le esche:
personalmente ritengo che l’esca morta top sia l’alice fresca innescata intera. Come esca viva l’aguglia non teme rivali. Validissime anche le sardine e le seppie, sia vive che morte.
La lampuga possiede dei buoni dentini affilati, quindi, è consigliato mettere piccolo rinforzo al terminale.
E per concludere…… l’eccezionale bontà delle sue carni restituirà a questo pesce l’onore perso in battaglia!!!
Giulio Simeone – Tsunami